Un libro non fermerà la deforestazione a Prey Lang ma rivela cosa c’è in ballo, quello che si perde con la scomparsa di questa foresta di pianura.
E’ quanto dicono gli autori del libro, Doni della Natura, Gifts from Nature, Nerea Turreira-Garcia dell’università di Copenhagen e di Dimitris Argyriou di Forest&People Organization FPO, che hanno il merito di rendere fruibile in cambogiano ed inglese quanto trovato da una ricerca delle popolazioni locali sul santuario di fauna selvatica di Prey Lang
L’autrice Turreira-Garcia sostiene l’importanza della logistica nella deforestazione nelle foreste di pianura:
“Le foreste di pianura come quella di Prey Lang, sono a maggior rischio di deforestazione delle foreste di montagna perché più accessibili a chi dibosca e ai loro mezzi di trasporto. L’importanza di Prey Lang sta nella sua grande diversità di tipi di foresta e specie di piante, molte delle quali sono endemiche nelle pianure centrali cambogiane e che non li si ritrova altrove, rendendo Prey Lang un ecosistema critico”.
Tra il 2002 e il 2022 Prey Lang ha perso per la deforestazione illegale 90mila ettare, oltre la metà dei quali persi a partire dal 2018 con una tendenza costante verso la distruzione di Prey Lang.
La riserva di Prey Lang ha un’estensione di 490mila ettari che sono oggetto di un forte contrasto tra la comunità indigena Kuy di 250mila persone e la rete dei trafficanti di legno protetta dalle sfere alte della politica cambogiana che ha provato a reprimere una Rete di Comunità di Prey Lang, PLCN, che è stata messa fuori legge e che non può fare pattugliamenti della foresta.
Gli autori del libro Gifts from Nature hanno individuato 20 esperti delle comunità Kuy e Khmer delle quattro province su cui si estende il santuario il cui compito è di documentare e preservare le conoscenze e gli usi delle popolazioni locali della abbondante flora della foresta.
“Nello studio originale si sono registrati 630 usi per le 374 piante ed ogni pianta ha due usi in media, sebbene molte piante ne avessero molte di più” dice Argyriou il quale aggiunge che delle 374 piante solo 279 potettero essere identificate a livello di specie. Il libro quindi documenta solo quelle per cui si ha una documentazione completa. Le 279 piante sono usate in cucina, in medicina e nei rituali oltre che nelle pratiche di costruzione sostenibile.
94 delle 279 piante documentate da Turreira-Garcia e Argyriou sono presenti nella lista del IUCN, Unione internazionale per la conservazione della natura, e 20 sono a rischio di estinzione, mentre delle restanti 185 specie non presenti nelle liste del IUCN non ci sono dati a sufficienza per classificarne l’uso o l’abbondanza.
Della Cambogia molto si è scritto e si scrive, ma della sua storia naturale e delle sue risorse si conosce poco come si conoscono poco le conoscenze locali.
“I ricercatori vennero nel nostro villaggio a chiederci di queste piante. Sappiamo di come si possano usare le piante per trattare varie malattie e lo sappiamo dai nostri progenitori e siamo contenti di poter condividere le nostre conoscenze e la nostra storia. Vogliamo che siano conosciute perché altra gente possa unirsi nella protezione delle risorse naturali così importanti per noi” ha detto Hean Youn del gruppo PLCN che ha lavorato con i ricercatori.
“Dobbiamo insegnare l’un l’altro come usare queste medicine tradizionali ma prima dobbiamo imparare dai nostri anziani”.
Prey Lang con la sua ricchezza floro-faunistica potrebbe ospitare gli ingredienti naturali necessari per futuri medicinali per i quali è indispensabile rallentare la perdita di copertura forestale.
Von Monin, professore associato del Preak Leap National Institute di Agricoltura ha sostenuto che ci sono almeno 8000 specie di piante in Cambogia che avrebbero un valore finanziario enorme se solo se ne sfruttasse appieno il loro valore.
Ma la copertura a foresta diminuisce sempre di più e con essa la diversità e il volume di specie. Prima del 1970 la Cambogia era coperta a foresta per 13 milioni di ettari, il 73% del suolo cambogiano, mentre nel 1990 la copertura era scesa a 10 milioni di ettari e 8,7 nel 2016, quando solo il 48% del paese era forestato.
Secondo Monin, nel 2016 solo il 15,7% delle foreste rimaste in Cambogia era costituito da foreste primarie dense e sempreverdi, rispetto al 29,9% degli studi condotti prima del 1970.
L’origine di queste perdite è nella privatizzazione dei suoli coperti a foreste mediante concessioni economiche di suolo per lo sviluppo che però hanno portato benefici per i pochi che appartengono al circolo del potere.
Argyriou nota che nei villaggi che erano vicino a queste concessioni economiche di suolo la gente aveva degli standard di vita peggiori di quelli vicini alla foresta di Prey Lang:
“La foresta porta abbondanza ma le compagnie portano dipendenza dal sistema capitalista”.
Secondo l’autrice Turreira-Garcia il libro fa capire molto bene come i metodi migliori sono quelli che prevedono la partecipazione delle popolazioni locali e delle popolazioni indigene nella conservazione delle foreste e nella documentazione degli usi delle piante, facendo tesoro delle conoscenze dirette che ancora hanno gli anziani dei villaggi.
“Durante gli ultimi cinque anni sono morti due dei nostri 20 importanti anziani. La maggioranza di loro ha oltre 65 anni ed il tempo per agire è ora. Possiamo paragonare la morte di un anziano all’incendio di una libreria di storia naturale. Se la generazione nuova non impara dai loro nonni, si perderanno importanti conoscenze ambientali”.
La deforestazione causata da attività di concessioni, di estrazione mineraria e dalle attività dei piccoli coltivatori comporta problemi diretti sulle comunità indigene.
Il taglio selettivo di alberi e la ripulitura per creare piantagioni industriali causano l’estinzione di varie specie di alberi come Dalbergia cochinchinensis, Dalbergia oliveri e Cinnamomum cambodianum.
Quest’ultimo Cinnamomum Cambodianum è usato per costruire, negli alimenti, nel trattamento dei dolori dopo il parto e delle articolazioni. E’ una specie endemica in Cambogia ed è a rischio estinzione.
“Altre specie minacciate includono alberi che appartengono alla famiglia dei Ditterocarpi che la gente del posto usa per ricavare resine poi vendute per sopravvivere. Senza alberi di resina, le famiglie che sono già vulnerabili potrebbero finire ad un livello più estremo di povertà”
Si legge in un articolo di Gerald Flynn su Mongabay:
La perdita dell’accesso alle medicine, al cibo, alla legna da ardere, al legname e ai mezzi di sostentamento provenienti dalla foresta si unisce all’attaccamento spirituale che le comunità Kuy e Khmer hanno nei confronti della foresta e della biodiversità in essa contenuta.
Secondo Argyriou, distruggere la foresta equivale a uccidere aspetti importanti della cultura locale, ma anche a privare queste comunità della capacità di essere autosufficienti.
“Se le attuali tendenze alla deforestazione continueranno, le popolazioni locali dovranno cambiare drasticamente il loro stile di vita, allontanandosi dalla loro cultura”, ha affermato, sottolineando che il fatto di dover acquistare ciò che attualmente possono trovare gratuitamente renderà molti più vulnerabili e poveri. “Un immenso patrimonio di conoscenze sulla natura andrà perduto, riducendo la resilienza e l’adattabilità delle generazioni future”.