Il Grande Mekong, con la sua straordinaria diversità, incanta da sempre gli esploratori ed i viaggiatori. Le sue correnti non solo trasportano sedimenti e nutrienti che portano vita, ma anche hanno dato una vita con le sue acque a generazioni infinite.
Ma quanto altro tempo ancora potrà durare? Quanto tempo è rimasto prima che il Mekong cambi per sempre? Si sta realizzando un massiccio programma di costruzione di dighe idroelettriche che rilascerà una cascata di undici dighe che, dietro delle chiuse idrauliche, rinchiuderanno per sempre il fiume in una serie di riserve stagnanti e silenziose.
In uno scontro tra un governo laotiano, che prova a vendere elettricità ai suoi vicini affamati di energia e guadagnare monete pregiate, ed il bisogno di proteggere e preservare le ricchezze ecologiche e le industrie della pesca del fiume, a perdere sono la conservazione e la sicurezza alimentare.
La costruzione della diga a Xayaburi, la prima diga sul tratto basso del Mekong, è stata iniziata nel 2012. La costruzione della seconda diga a Don Sahong comincerà per la fine del 2014. I lavori si muovono più velocemente del completamento degli studi scientifici di cui c’è bisogno per dare la prova di un “pericolo significativo”.
Questo hanno probabilmente sarà particolarmente critico per il futuro più famoso del sudestasiatico che nasce dall’altipiano tibetano e attraversa sei paesi mentre si addentra per la sua strada verso il delta nel Vietnam.
La posta è alta. La specie del Delfino dell’Irrawaddy potrebbe andare incontro alla sventura se le dighe vanno avanti secondo il WWF che è altrettanto preoccupato dell’industria della pesca e della sicurezza alimentare di oltre 60 milioni di persone che vivono nelle quattro nazioni del Mekong.
Senza sorprese quindi gli attivisti avevano speranze che il secondo summit della Commissione del Fiume Mekong avrebbe posto il problema della costruzione delle dighe in cima alle discussioni.
“E’ fondamentale che i pericoli della costruzione di dighe sul flusso principale del fiume prendano il posto più importante” ha detto Ame Trandem di International Rivers, ma alla fine del summit nel fine settimana sono stati tutti delusi.
Di certo il summit del MRC ha offerto una facciata di unità di facciata con la presenza di tre primi ministri dei quattro stati membri. Dietro questo però era palpabile un senso preciso di malessere del MRC, una mancanza di direzione ed un nascondere le profonde divisioni sulla costruzione delle dighe. Le nazioni finanziatrici del MRC hanno espresso le proprie preoccupazioni chiedendo che le decisioni legate alla costruzione delle dighe siano basate “sulla conoscenza scientifica in relazione agli impatti transfrontalieri sulle risorse e gli ecosistemi”.
Le decisioni unilaterali del governo laotiano per costruire la diga a Xayaburi senza l’approvazione della Commissione del Fiume Mekong, secondo Trandem, e la spinta ad accelerare i tempi della diga di Don Sahong sono dei chiari esempi di una mentalità che disprezza la scienza in favore di un approccio costruisci prima studia dopo. Il trattato del Mekong del 1995 fornisce una base legale ai paesi vicini per chiedere che il Laos ferma la costruzione se si possono dimostrare pericoli significativi.
Le organizzazioni non governative vietnamite, thailandesi e cambogiani chiedono al governo laotiano e Thailandese di bloccare la costruzione della diga. Il rappresentante di Vietnam Rivers Network Lam Thi Thu Suu ha detto che “sebbene la diga a Xayaburi sia costruita per il 30% non significa che non la si può fermare”.
Con una mossa che vuol ricordare alla Thailandia che i suoi investimenti potrebbero incontrare seria opposizione dal Vietnam e che il paese sembra andare contro lo spirito del trattato del Mekong del 1995, Vietnam Rivers Network ha inviato una lettera alla Siam Commercial Bank con la quale si chiede di cancellare i propri investimenti nel progetto di Xayaburi. Nella lettera si legge: “La banca ha bisogno di riprendere in considerazione il propri accertamenti del rischio, di dare più importanza allo sviluppo sostenibile ed al governo del Vietnam, dove la vostra banca cerca attualmente di espandersi nei suoi affari”. Lettere simili sono state mandate alle altre banche thailandesi coinvolto nel progetto di Xayaburi.
La diga a Xayaburi è diventato un caso esemplare per la credibilità del MRC nella gestione del conflitto sulle risorse acquose, in base al suo mandato speciale di condurre consultazioni regionali con tutte le parti coinvolte sotto la procedura insolita conosciuta “procedure per la notificazione consultazione prioritaria ed accordo”.
Il MRC può decidere istanze solo per consenso. I quattro paesi membri erano divisi esattamente a metà con la Cambogia e Vietnam fortemente opposte alla diga a Xayaburi. Senza consenso ma con l’appoggio della Thailandia, il Laos ha portato a termine la consultazione ed ha proseguito con la costruzione della diga, senza attendere per gli studi di impatto ulteriori che tutti dicono essere necessari.
Il presidente del Mekong National della Cambogia Te Navuth ha commentato: “E’ stato molto difficile parlare con la delegazione laotiana. Non ascoltano le nostre preoccupazioni”.
Il segretariato del MRC e il presidente Hans Gutmann sono stati criticati per la loro debolezza nell’implementare il processo di consultazione, e per aver permesso al governo laotiano di lanciare la diga con una serie di punti cruciali non risolti sugli impatti transnazionali.
In un discorso alla conferenza prima del summit Gutman ha ammesso che il MRC è essenzialmente un posto dove si fa vetrina e si parla. “Abbiamo incontri su incontri. Ci incontriamo troppo spesso e troppo tempo, ma non esiste alternativa”. Inoltre il trattato del 1995 manca di sanzioni per trattare violazioni dell’accordo sul Mekong, né gli altri stati membri hanno poter di veto. Vari paesi finanziatori, partner di sviluppo e NGO stanno premendo affinché si facciano dei cambiamenti nell’accordo del Mekong e per la riforma del MRC.
“Se tutte le dighe vanno avanti, l’impatto sarà sentito interamente tra una ventina d’anni” predice lo specialista di aree umide Nguyen Thien. Il delta del Mekong detiene il 50% della produzione alimentare totale del Vietnam. Nguyen dipinge uno scenario futuro molto grigio, con l’ecosistema devastato dalle dighe ed esacerbato dal cambiamento climatico.
“Il delta perderà la capacità di produrre riso per l’esportazione. Il Vietnam probabilmente potrà nutrire la propria gente ma non potrà esportare riso. Avrà anche implicazioni per i paesi che comprano riso ed il prezzo sarà più costoso per tutti”.
In Cambogia il direttore del dipartimento della pesca ha dato il suo allarme. Nao Thuok ha considerato che la minaccia posta dalle dighe all’industria della pesca cambogiana, che fornisce l’ottanta percento delle proteine consumate nella Cambogia, sarebbe così forte che “per la Cambogia questa è una questione di sicurezza nazionale per proteggere la nostra sicurezza alimentare”.
Il primo ministro vietnamita Nguyen Tang Dung ha detto al summit “Mai il bacino del basso Mekong ha avuto di fronte a sé tante sfide”. Nel 2013 un governo vietnamita molto preoccupato prese l’iniziativa di lanciare un grande studio scientifico dell’impatto delle dighe idroelettriche sul Mekong con particolare attenzione al delta. Lo studio fu sostenuto da gruppi di ricerca USA e danesi.
In una conferenza dopo il Summit il ministro per le risorse naturali e l’ambiente vietnamita ha invitato il Laos a fermare i progetti finché “gli studi di impatto ambientale degli impianti idroelettrici sul corso del fiume condotti insieme dai tre paesi non siano completati nel dicembre 2015”.
Il governo laotiano da parte sua insiste che continuerà con la costruzione delle dighe e non attenderà il risultato della ricerca sponsorizzata dal Vietnam attesa per il dicembre 2015. Sembra improbabile che il Laos, paese più povero della MRC, vorrà ascoltare i paesi a valle senza qualche accordo finanziario di ricompensa per la perdita delle entrate dalla diga.
Al Summit il Vietnam ha suggerito che si stava considerando un accordo finanziario ed un ministro estero che ufficialmente diceva: “Abbiamo discusso col Giappone e gli USA del risarcimento a favore del Laos affinché non costruisca dighe.”
Se non si riesce a metter su un accordo alternativo prima della fine dell’anno, il 2014 sarà ricordato come un punto di svolta tragico per il fiume più importante del sudestasiatico, e e per la lenta morte della pesca e dell’agricoltura della regione.
TOM FAWTHROP, TheDiplomat